mercoledì 19 agosto 2009

Libero da ogni pregiudizio

di: Antonio Mammato *

"Attenzione all'artista che è anche intellettuale. È un artista che non si adatta". (Francis Scott Fitzgerald)

La vicenda artistica e umana di Nico D’Auria si configura esemplare e analoga a quella di numerosi altri artisti italiani, i quali contribuiscono a creare un'arte che sa esaltare, in quest’ epoca di profonde trasformazioni, sia la vita quotidiana, a volte caratterizzata da profondo malessere, sia l' immagine di una società che evolvendosi crea una nuova iconografia adatta a rappresentarla. Le suggestioni simboliste, ma soprattutto la mente eclettica dell’ artista, tracciano il sentiero sul quale si innesta la sua ricerca, focalizzando l’attenzione su numerosi aspetti, anche a seconda dei temi trattati, senza esimersi dall'evocare altri stili. La consistenza e la varietà della produzione del D’Auria è tale per cui ci è permesso, in questa sede, darne solo una breve enunciazione: merita e necessita, infatti, di uno studio lungo e accurato, che auspichiamo possa avvenire quanto prima. Ci limiteremo quindi, in occasione di questo suo esordio, ad una prima analisi di quanto ha maturato, in venticinque anni di attività, nella città che lo ha visto nascere, vivere e crescere artisticamente. Sottolineando qui, sia pure di sfuggita, come questo suo elevarsi culturalmente (anche attraverso numerose e significative esperienze all’estero), rappresenti la stessa ed identica strada percorsa, non solo da una moltitudine anonima di italiani ma anche ad uno svariato numero di artisti. Alcuni dei quali hanno avuto il privilegio di confrontarsi con lui proprio sul suo stesso terreno.
La stessa scelta di vivere nella sua Minori, paese tanto tormentato e difficile, rende la sua esperienza esemplare di un atteggiamento atipico per l'epoca in cui viviamo, epoca in cui intellettuali e uomini di cultura preferiscono maturare esperienze in contesti più fecondi, realtà più dinamiche e coinvolgenti. Altrettanto importante, sia pure apparentemente meno imponente, sono le testimonianze di vita e le immagini, alcune delle quali offrono numerosi spunti di riflessione, della società che lo vede protagonista. Ed è per me fondamentale sottolineare come le sue opere riflettono i suoi stati d’animo, un arte che racchiude tutto quel bagaglio di sofferenze, legate ad un vero e proprio dramma esistenziale; il dramma di un genio costretto a vivere una serie di esperienze fortemente limitanti per il suo pensiero.
Va altresì evidenziato come questa sofferenza viene avvertita ancora di più se si ripensa ad un passato sicuramente molto più stimolante; più volte abbiamo avuto modo di apprezzare i suoi aneddoti relativi ai brulicanti anni ’80, ai i modesti anni ’90 e ai deprimenti giorni che caratterizzano la vita di non pochi nostri concittadini. Spesso dalle sue esternazioni viene fuori un quadro della società in cui vive molto colorito, l’impressione che tutti colgono è quella di essere di fronte ad un genio artistico immerso in una comunità per lui indigena, oserei dire estranea, sebbene profondamente studiata e analizzata nelle sue diverse forma ed espressioni. La tanto agognata estate minorese, momento di ritrovo per artisti, intellettuali, uomini politici, per la maggior parte originari dell’agro nocerino sarnese e del napoletano, uomini che contribuiscono a creare un ambiente culturalmente ricco, fertile e vivace, ed è in questo terreno che il D’Auria trova la linfa vitale per creare i suoi capolavori. Al D’Auria non sfugge nulla di questo animato via vai: un occhio, il suo, distaccato ma non estraneo, colmo di curiosità, che lo spinge a riflettere su ogni aspetto della piccola città, cosmopolita e marinara allo stesso tempo. E così i giochi d’acqua, i venditori di pesce, le paranze colorate sul molo, l'eleganza delle ricche signore e i gesti delle popolane, tutto viene catturato dalla sua grande abilità di osservatore. Un universo che però muta radicalmente con l’inizio dell’autunno, lasciando nell’animo dell’artista un vuoto colmato solo da quell’angoscia che forse rappresenta, però, la sua vera felicità.
La mostra "Introspezioni", vuole essere l’occasione per apprezzare il genio creativo di un uomo che sicuramente risente dei limiti culturali e sociali della comunità in cui vive, limite che riesce facilmente a superare grazie al suo carattere eclettico e al suo stile confusionario (come egli stesso lo definisce). Il risultato è un fresco e vivace "filmato" della sua epoca, libero da ogni pregiudizio sia sociale sia stilistico, una rappresentazione fedele al suo spirito.
Insomma un artista che la dice lunga ma probabilmente ha ancora detto poco.

* dottore in storia medioevale, Presidente del Centro di cultura e storia "Pompeo Troiano"

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